Il Carnevale del Lajetto: una tradizione che ritorna

Riproposto per la prima volta nel 2010 dopo 60 anni di assenza, l’antico Carnevale del Lajetto fa oggi parte delle più rappresentative e particolari manifestazioni del folklore alpino piemontese. Le Barbuire, vale a dire i personaggi mascherati, si dividono in 2 gruppi: i belli (il Monsù e la Tòta, i due Arlecchini, il Dottore ed il Soldato) e i brutti (il Pajasso e le coppie di Vecchi e Vecchie).
Protagonista è il Pajasso, che porta con sé un bastone alla cui sommità è legato un gallo: questo personaggio e le coppie di Vecchi si divertono a spaventare i presenti e a far scherzi, soprattutto alle ragazze, vere destinatarie della festa.

 
 
 Il Carnevale in alcune foto d'epoca degli anni '50

Il corteo delle Barbuire, accompagnato dalla banda musicale, si snoda per le strette viuzze della borgata Lajetto, all’epoca assai popolata e per l'occasione ripopolata, per raggiungere il grande prato del Terahè dove la folla divertita osserva gli Arlecchini, il Monsù e la Tòta ballare al ritmo della musica della banda, mentre il Pajasso e le coppie di Vecchi continuano le loro allegre scorribande.

 
Le principali maschere del Carnevale di oggi (foto di Giorgia Allais)

Arriva quindi il momento culminante: il Pajasso, tagliando la testa al gallo che nel frattempo è stato appeso ad un pero in mezzo al grande prato, uccide simbolicamente se stesso, decretando la morte del Carnevale, la fine dell’inverno e l’arrivo della primavera, in un rituale di fecondità e prosperità per il nuovo anno.


Il rito finale con il taglio della testa del gallo (foto di Giorgia Allais)
 
Quello del Lajetto è – secondo l’antropologo Pier Carlo Grimaldi – un Carnevale alpino che contiene una profonda struttura simbolica, complesse forme e pratiche di una teatralità d’inizio d’anno che rappresenta, interpreta, il profondo magismo rituale della vita nelle Alpi della tradizione.